Bereguardo 23 gennaio 2017
-Ermanno se qualcuno ci sente, pensa che noi ci siamo sempre dedicati a ridere e far ridere. Invece abbiamo affrontato anche tanti argomenti seri, abbiamo parlato della vita, della morte, dei sentimenti, abbiamo discusso sui colori dell’arcobaleno ecc. Ti ricordi, eh ti ricordi?
-No! Non mi ricordo, perché non è mai veramente successo, tu partivi, davi l’imput e poi ritiravi la mano.
-Per forza, già prima di a parlare, assumevi la faccia professorale e seriosa, ti raddrizzavi sulla sedia e ti guardavi in giro. Poi dopo una sosta riflessiva, partivi non solo esponendo ma anche pontificando. Così dopo un po mi scappava da ridere ed in il tuo sacco di importanti cognizioni filosofiche, cadeva a terra con un grosso tonfo.
-Sì! Amilcare hai ragione, forse anche per questo eravamo più sereni e felici. Non infarcendoci di di discorsi noiosi, che non portavano a nulla di pratico.Non servivano perché avevamo una cognizione generale della vita molto simile, perciò i vari tentativi di discussione risultavano inutili. Conoscendo il tuo stato di salute, mi fermavo,quando mi accorgevo di toccare argomenti dolorosi che potevano ferirti. Ma anche in questi casi sembravi leggermi negli occhi e guardandomi con tenerezza, scoppiavi a ridere.
-Vedi Ermanno che non sei cambiato, per non dire nulla hai parlato tanto.
-Amilcare Vai al diavolo.
-No cazzo! Per fortuna sono riuscito a scapparne, sono stato riabilitato da poco.
Molto meravigliato gli chiedo:
-Ma no! Sei stato all’inferno, non ci credo è quasi impossibile! Non ti ho conosciuto come un peccatore, a meno che non hai combinato qualcosa di brutto che non è a mia conoscenza. Allora dai, raccontami come possa essere accaduto.
-Ermanno è successo, perché se noi vediamo qualcosa che non ci piace, ci crediamo in di intervenire in difesa di quello che riteniamo essere più debole. Siccome mi sono messo a fare il sindacalista, un giudice spocchioso mi ha spedito per un po all’inferno. Per fortuna sono stato mandato in un posto, dove non ho sofferto, potevo muovermi, ma non c’era niente da fare, così mi sono annoiato tanto, ma veramente tanto.
-Dai! Adesso raccontami come è successo, non tenermi inutilmente sulle spine.
-Va bene, ti accontento. Come sai sono morto all’ora di pranzo, ma prima di averlo consumato. Pertanto quando entro nel cono di luce celestiale , ero piuttosto incazzato. Alla fine del percorso mi ritrovo in un salone molto grande. E’ pieno di persone morte in mattinata, le quali devono sottoporsi al giudizio, per essere poi trasferiti al paradiso o all’inferno. Ci sono diversi sportelli, con angeli che giudicano, formulando delle domande già preventivamente preparate, se qualcuno non rientra in questa selezione, viene condotto dal capoufficio, che provvede alla soluzione finale. Dunque ero arrivato penultimo in fila , guardavo l’angelo giudice brutto come la fame, che interrogava un vecchio. Questo aveva sugli ottant’anni, aveva appena finito di raccontare la sua vita , dedicata alla famiglia e alla patria. Aveva combattuto in Abissinia, aveva ammazzato dei nemici come da ordini ricevuti, era stato fatto prigioniero. Al suo ritorno in famiglia, aveva sposato sua cognata, che era rimasta vedova. Poi aveva messo al mondo dei figli, si era dedicato al lavoro e la domenica era sempre andato in chiesa. L’angelo brutto lo guarda con cattiveria e gli dice;
-Prendi l’uscita a sinistra, quella che porta all’inferno.
Avendo sentito il racconto del vecchio, mi indigno e dico:
-Ma come si permette di mandare un povero vecchio all’inferno, le ha appena raccontato la sua vita esemplare.
-Tu! Amilcare, devi sapere che quì non siamo in democrazia e per fartelo capire ti indico la strada per l’inferno. Non ci starai molto, ma quel tanto che basta per farti capire di pensare ai cazzi tuoi e non intrometterti. Comunque per soddisfare la tua curiosità ti spiego il motivo della mia decisione. Il tuo simpatico vecchietto , la terza volta che gli chiedo se ha omesso qualcosa di importante da raccontare mi dice di no, asserendo di essere sereno. Ha solo dimenticato di raccontarmi che, per impossessarsi della cognata, ha buttato nel pozzo, uccidendolo suo fratello in un pozzo.
Sto zitto per un pò, rifletto sul suo racconto e dico:
-Caspita Amilcare, non pensavo che fossero così drastici e veloci, perbacco quasi peggio di una dittatura!
-Ermanno anch’io ho subito pensato la stessa cosa. Però poi ho capito che, se per prendere le decisioni, dovessero comportarsi come i nostri governanti, ci sarebbero file lunghe parecchi anni. Forse è meglio che continuiamo con le nostre cazzate, che sono semplici e divertenti.